Fa accapponare la pelle l’elenco delle accuse a carico degli agenti penitenziari: maltrattamenti, lesioni, torture, tentata violenza sessuale, con l’aggravante dell’abuso di potere e dell’aver commesso le violenze per motivi abietti e futili.
Ciò che è successo all’istituto penale minorile Cesare Beccaria di Milano (con 13 agenti in carcere e 8 sospesi dal servizio) lascia sgomenti: le dodici giovanissime vittime hanno raccontato di insulti, sputi, calci sulla faccia con gli stivali, pugni, botte, colpi assestati con dei sacchetti di sabbia per non lasciare il segno, e persino molestie sessuali.
Noi tutori volontari di minori stranieri non accompagnati ci auguriamo che si faccia piena luce su questa vicenda vergognosa e che i responsabili, a tutti i livelli, paghino.
Non si è trattato di qualche episodio, che sarebbe comunque inaccettabile: le violenze, sia fisiche che psicologiche commesse all’interno del Beccaria (spesso su ragazzi ammanettati perché non potessero difendersi) erano sistematiche – tanto che c’erano, a quanto pare, delle stanze preposte alle botte – e lo stesso procuratore di Milano, Marcello Viola, ha parlato di “sistema consolidato”.
L’istituto penale dovrebbe essere “l’ultima spiaggia” per i ragazzi che delinquono, dopo che si sono tentate tutte le altre possibili strade: il minore che ha una famiglia alle spalle in grado di seguirlo difficilmente vi approda. Qui sono quindi rinchiusi per lo più ragazzi stranieri soli, che sono i più indifesi e fragili, soprattutto quando non hanno un tutore volontario che gli stia vicino.
È significativa la testimonianza di una vittima del Beccaria: “Mi hanno svegliato e mi hanno picchiato mentre ero in cella con un altro – ha raccontato il minore – poi mi hanno portato in una stanza singola e lì hanno continuato a picchiarmi e intanto mi dicevano: ‘Sei venuto ieri e fai così? Sei un bastardo, sei un arabo zingaro’”.
Sappiamo tutti che il nostro sistema penitenziario è allo sfascio: abbiamo carceri sovraffollate e inadatte, con personale insufficiente. Ma quando si parla di giovanissimi, ciò che dovrebbe valere per tutti è ancora più necessario e impellente. Gli istituti minorili non sono – almeno in teoria – carceri vere e proprie: dovrebbero essere spazi dove si aiutano i ragazzi che hanno sbagliato ad acquisire consapevolezza del loro errore, dove si offre a tutti la possibilità di un’istruzione anche minima, dove si insegna un lavoro. Se un istituto minorile non adempie alla funzione rieducativa che gli è propria, ha completamente fallito. Ci vuole, per questo, un personale preparato che spesso non c’è, ci vogliono degli operatori specializzati e quindi delle risorse. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha detto che il Beccaria è stato abbandonato per anni e anni senza una direzione, e probabilmente non si tratta dell’unica struttura allo sbando. Gli agenti – che non dimentichiamolo, sono pubblici ufficiali e quindi rappresentanti dello Stato – sono coloro che stanno più a contatto con i minori: se diventano degli aguzzini anziché delle guide, per i ragazzi può essere l’inferno.
A Milano lo era.
“ogni fanciullo privato di libertà sia trattato con umanità e con il rispetto dovuto alla dignità della persona umana”
Art. 37 convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Illustrazione: Art. 37 – Millo